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La Rocca

Il suo nome da "Mons avium". e cioè "monte degli uccelli". Le prime notizie le abbiamo nel secolo XIV quando fu elevato a capoluogo di Vicariato.
Fu dei Malatesta di Fano (1314), tranne che per un breve periodo in cui fu del rettore della Marca per lo Stato Pontificio.
Nel 1440, dopo essere ritornato alla Chiesa, venne conquistato da Francesco Sforza.
Appartenne anche a Federico da Montefeltro (1462), ai Piccolomini, ai della Rovere, ai Medici e nuovamente a Fano nel 1520. Dopo la morte di Leone X, Francesco Maria della Rovere ne rientrò in possesso e da allora seguirà le vicende del ducato.
Tra i suoi cittadini illustri, Mondavio annovera Antonio Lanuccio Tarduccio uomo d'arme alla corte di Massimiliano H di Prussia, Antonio Seta, storico scicentesco e Alessandro Peroni, musicista.
Merita da visitare la Rocca eretta da Francesco di Giorgio Martini sui ruderi di una precedente torre per volere d iGiovanni della Rovere(1482),all’interno de lpalazzo municipale è conservata una "Madonna co lBambino" e due committenti attribuita a Carlo da Camerino.La parrocchia di S.Pietro e la chiesetta di Santa Maria della Quercia.

spaterni.jpg (201589 byte)COLLEGIATA DEI SS PIETRO E PATERNIANO

Nelle carte più antiche non vi è traccia di una chiesa di S. Pietro nel castello di Mondavio, ma è certo che nel 1300 una chiesa omonima esisteva a due Km presso il Ponte di S. Pietro. Dal libro dei Consigli dell'archivio del comune si apprende che De Bertoldis, vescovo di Fano, nel 1444 nominò rettore delle due chiese dei Santi Pietro e Paterniano Giacomo di Biagio da Arcevia, ma fu un accorpamento provvisorio, perché nel 1449 il vescovo De Tonsis affidò a Domenico Jacobini di Busto la sola chiesa di San Pietro, vacante per la morte di Pierpaolo da Fossombrone, e solo dopo la sua rinuncia unificò le due chiese il 26 Aprile 1449, nominandone rettore Biagio di Antonio da Barletta, a cui nel 1450 successe Bernardo di Ser Pietro de Berardis. Si ritiene che la chiesa di San Pietro si trovasse già in paese da tempo. La parroc-chia unificata iniziò ad affermarsi sulle altre e nel 1452 vi furono convocati in sinodo tutti i sacerdoti del vicariato. Con atto notarile del 1486, a conclusione di una lunga lite, i rettori delle chiese di San Francesco e di San Pietro si divisero i beni del derelitto monastero di S. Chiara, sito fra le due chiese. Papa Sisto IV aveva concesso quei beni ai frati minori, ma su ricorso del rettore di San Pietro rimise al vescovo di Senigallia la soluzione della vertenza, e questi sentenziò a favore di San Pietro. Dopo l'appello dei frati si addivenne ad un accordo e la parrocchia di S Pietro ebbe la chiesa il monastero, il cortile con la cisterna, una casa con tettoia, e il Campo de le Sore.
Nel 1563, il pievano Antonio Genga, demolita la vecchia chiesa, ne fece erigere una nuova dal fratello architetto Gerolamo e da suo figlio Bartolomeo, come riporta la iscrizione sulla facciata. Il Brandani vi realizzò stucchi pregevoli, che andarono perduti quando in seguito si ampliò la chiesa.
E fu necessario ampliarla nel 1741 quando era già divenuta la chiesa più importante della zona. Fu inglobato il vecchio torrione retrostante per costruire l'abside e furono aggiunte quattro cappelle laterali. Elevata al rango di Collegiata, per importanza fu seconda solo alla cattedrale di Fano, ed ebbe due dignità principali, sei canonici, e il corpo di San Lucio martire, traslato da Roma.
Nel 1755 nella cappella presso la sagrestia fu eretto l'altare dedicato ai Santi Protettori, l'Arcangelo Michele e Sant'Eleuterio, raffigurati nel dipinto del Ceccarini, in cui si vede l'antica porta del paese e il torrione dietro la chiesa originaria, che doveva essere assai modesta. Della chiesa costruita nel 1563 sappiamo molto da una minuziosa descrizione datata 1744.
Era lunga come l'attuale corpo centrale, esclusi l'abside e le cappelle. Un'altare maggiore, con il paliotto di legno intagliato, aveva due gradini, il tabernacolo dorato, sopra un padiglione sorretto da quattro grandi statue che supportava lo stucco dell'Ultima Cena del Brandani, a destra e a sinistra due nicchie incorniciate con le statue dei Santi Pietro e Paolo. Sulla parete di fondo vi erano due finestroni abbinati. Sulla parete laterale di destra, dopo una bancata di noce, un ingresso secondario' che comunicava anche con la canonica. aveva sopra un palchetto di legno ottago-nale per organo e pulpito, dipinto sulle facciate e con l'effigie di Santa Cecilia in alto. Poi veniva l'altare del Santo Rosario, sovrastato da un arco su due colonne con lo stucco del presepe sul fronte e sopra un serafino, e più in alto vi erano una finestra e una lunetta. Seguiva il confessionale del curato con la statua di Santa Lucia in nicchia incorniciata, e da ultimo una credenza dipinta con la casetta della Madonna del Rosario.
Sopra l'ingresso principale era posto lo stemma Della Rovere, a destra la pila dell'acqua santa su colonna, sopra una statua in nicchia, a sinistra il fonte battesimale chiuso in una cancellata, e sopra altra statua in nicchia in alto.
Sulla parete laterale sinistra dopo il fonte battesimale c'era il confessionale del pievano, sopra la statua di Santa Caterina in nicchia e attorno stucchi e dipinti. Seguiva l'altare del suffragio con padiglione, portante un pannello dipinto del battesimo di Gesù con sopra la Madonna fra le anime del purgatorio, attorno decorazioni e stucchi e in alto tre lunette e una finestra. Proseguendo, in alto a destra sopra la porta della sagrestia, si trovava in nicchia la statua di San Paterniano, e sotto la bancata in noce del magistrato. In mezzo al soffitto c'era, e c'è tuttora, la grande tela raffigurante San Pietro, al quale Gesù consegna le chiavi della sua Chiesa.
Da questa descrizione riassunta si può dedurre che quella era una chiesa ricca di stucchi, dipinti e decorazioni, e che l'averli perduti è un vero peccato. Interventi di manutenzione straordinaria della chiesa furono effettuati anche di recente negli anni 1970 e 1990.