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Il grande Vaso Attico

Nel bollettino archeologico delle Marche (gennaio 1873, n.2) si legge:

III. DI UN VASO ETRUSCO SCOPERTO IN MONTE PORZIO

Il vaso etrusco posseduto dal sig. Conte Cav. Annibale di Montevecchio di bella forma e di grandezza non ordinaria raggiungendo la sua altezza m. 0,45 con figure rossastre in fondo nero, fu rinvenuto nel suo tenimento di Monte Porzio dentro un sepolcro etrusco con altri oggetti analoghi appartenenti al defunto. E' del genere di quelli che i Greci chiamano chelebe.

Mi studierò di spiegare possibilmente il soggetto che rappresenta.

Nella parte anteriore del vaso che è la più nobile, sonovidipinte quattro figurine. Primeggia fra queste un èfebo ossia giovane che è giunto alla pubertà a cui da due Ginnasiarchi che lo hanno ammaestrato e che gli stanno ai lati con asta in mano avvolti nei loro manti, sono state consegnate le armi per combattere in palestra. Siede al suo lato destro come sopra uno scoglio (che si potrebbe ancora interpetrare per una nube) una figura virile nuda, la quale è soltanto ornata di un balteo.

E' da ritenersi che questa figura sia Marte a cui il giovane mostra con compiacenza le armi ricevute, consistenti in un elmo con lunga criniera che solleva con la mano destra, ed in uno scudo ben grande che gli ricopre la parte inferiore del nudo corpo sul quale appoggia la sinistra mano, e pare prometta al Nume, che nel seguito sarà per servirsene valorosamente in. guerra sapendosi bene che gli esercizii ginnici addestravano e preparavano i giovani a diventare buoni guerrieri.

Ecco come il lodato cav. Inghirami descrive e spiega un quasi consimile soggetto di due sole figure nella prima delle opere sopracitate Pom II Tav. 114.

«Il mio sospetto che nell'antecedente rappresentanza vi si debba intendere azione ginnica, piuttosto che guerresca, pare a me che si confermi sempre più col concorso della osservazione che può farsi nella pittura di questa tavola, dove un giovane del pari modestamente coperto nei lombi, ma con aria di adolescente non giunto ancora a virile corporatura con capelli sugli omeri, come dalla fresca gioventù soltanto era usato, da una Dea che può figurare la Vittoria pare che riceva le armature che avevano i giovanetti per guereggiare alla corsa, vale a dire l'elmo e lo scudo di che scrissi anche altrove col soccorso di quanto, narrano Pausania ed altri scrittori; che se ad azione guerriera quel giovane si preparasse, certamente che usbergo o clamide almeno, e qualche sorta di calzatura coprirebbe la sua nudità. Ma poiché l'esecuzione di questa pittura pare si lasciasse a total arbitrio del pittore così non dobbiamo essere presi da meraviglia, se ad ogni passo incontriamo cose che non si spiegano con le notizie trovate sugli antichi scrittori, specialmente ove si trova come in questo l'intervento della divinità.»

Nel vaso descritto dal prefato Inghirami mancano i due precettori con l'asta, e le figure hanno diversa movenza. Sono nella parte posteriore di questo vaso dipinte tre figure ammantate le quali tengono in mano un bastone. Possono. queste figure ritenersi per tre ginnasiarchi e forse quelli stessi che hanno istruito il giovane che sta figurato nella parte anteriore, sapendosi, sono parole dell'Inghirami, che «i precettori in segno di loro autorità, non meno che della disciplina dottrinale che da loro. comunicavasi agl'iniziati, e del silenzio che loro imponevasi circa i precetti religiosi dati colla massima segretezza, tenenevano come qui un bastone in mano. »

E' cosa singolare e degna di rimarco, e mi permetterò dire anche rara che il precettore che sta sulla destra è perfettamente identico ad altro dipinto sopra un vaso del Museo Chiusino di uguale forma per cui è da ritenersi di una stessa mano. Potrebbero anche rappresentare le tre figure sopracitate tre giovani palestriti, quantunque io ami più di attenermi alla prima opinione, vale a dire che siano precettori dei giovani a cui insegnavano gli esercizi ginnastici e la pratica virtù. Vorrei anzi ravvisare nelle figure laterali gli stessi due precettori che si vedono nella parte anteriore, ed in quella di mezzo lo stesso giovane alunno il quale avendo apparato i loro precetti è stato fatto degno di ricevere la verga magistrale e di comunicare ad altri la sua dottrina.

«Piuttosto vedo in quei giovani la cultura delle virtù che dai loro precettori notati dal bastone che hanno come qui nelle mani in segno di autorità non meno che di disciplina dottrinale loro comunicavasi, per mezzo delle quali virtù, qualora dagli uomini si fossero conseguite, era insegnato che ottenevasi il premio delle beatitudini negli Elisi, come davasi un premio ai vincitori nelle palestre, non però di vasi dipinti, ma bensì questi vasi n'erano un'allusione in rapporto a quelle anime che morendo da virtuosi passavano a godere il premio della beatitudine, a significazione e memoria di che si ponevano vasi dipinti nei sepolcri, come tuttora si trovano.»

E questo è il senso mistico di cui si è dato cenno in principio.

Fano ottobre 1870

L. Masetti

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